fonte: il sole 24 ore
E’ dello scorso 26 gennaio la sentenza della Corte dei Conti del Piemonte che delibera come i Comuni fino a 3000 abitanti possono deliberare l’incremento dell’indennità di carica del sindaco, accollandosi una quota dei maggiori oneri che così si determinano e non potendo finanziare questo aumento esclusivamente con i contributi dello Stato. I maggiori oneri che le amministrazioni sostengono devono essere finanziariamente sostenibili da parte degli enti.
“Una sentenza – spiega Lubiana Restaini, coordinatrice dei Piccoli Comuni di Anci Lazio – che ci trova d’accordo con quanto deliberato dalla Corte dei Conti del Piemonte.
Non è una decisione nuova bensì riprende degli spunti normativi già usciti in precedenza, questa sentenza però li conferma e li consolida, in questo modo i maggiori oneri che le amministrazioni sostengono devono essere finanziariamente sostenibili
“E’ comunque – ha proseguito Restaini – soltanto un primo passo verso l’equanimità di trattamento con gli altri comparti amministrativi di Regioni e Stato, dove ancora è stridente il rapporto tra impegno, responsabilità ed emolumenti. Quando tra qualche tempo non si troverà più chi vorrà fare il Sindaco o sedere in un Consiglio Comunale o Provinciale e la nostra democrazia sarà svilita ed umiliata, forse sarà troppo tardi per provvedervi“.
Ci viene ricordato in premessa, con un rapido excursus della evoluzione legislativa, che, a partire dal 2008, le amministrazioni locali non possono più aumentare la misura base della indennità dei sindaci e degli assessori fissata dal decreto del Ministro dell’Interno 119/2000. Successivamente, con l’articolo 57-quater, comma 1, del Dl 124/2019, è stata prevista la possibilità per i Comuni fino a 3.000 abitanti di aumentare la misura dell’indennità entro il tetto massimo dello 85% del compenso spettante ai sindaci dei Comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti. In via interpretativa è stato chiarito che questo incremento deve comunque tenere conto della riduzione delle indennità di carica degli amministratori disposta dalla legge 266/2005. Si deve inoltre ricordare che, per il finanziamento degli incrementi delle indennità di carica dei sindaci dei piccoli Comuni, è stato previsto un finanziamento statale, che ha un carattere vincolato e che non è modificabile né da parte dell’ente né da parte del primo cittadino. La norma stabilisce che le quote non utilizzate del finanziamento vanno restituite allo Stato.
É assai importante l’indicazione per la quale non siamo in presenza di incrementi che operano in modo automatico, ma di disposizioni che richiedono agli enti di assumere una specifica deliberazione, con cui fissare la misura dell’aumento entro il tetto massimo fissato dal decreto. Si ricorda che per la fissazione dell’indennità di carica del sindaco, la competenza alla deliberazione è posta della giunta e che il consiglio interviene solamente sull’indennità di carica del suo presidente e sui gettoni di presenza dei consiglieri.
I giudici contabili piemontesi, sulla scorta delle indicazioni già fornite lo scorso anno dai colleghi lombardi, evidenziano la necessità che i Comuni sostengano direttamente una quota dei maggiori oneri, non potendo finanziarli esclusivamente con i trasferimenti aggiuntivi dello Stato. É questa una previsione da intendere come tassativa e non derogabile. Ovviamente, le amministrazioni devono rispettare il vincolo della sostenibilità dei maggiori oneri. Ad ulteriore conferma di questa tesi ci viene detto che, peraltro, le risorse sono assegnate ai Comuni sulla base del decreto attuativo del ministero dell’Interno del mese di agosto del 2020, mentre la decorrenza degli aumenti può essere fissata al 1° gennaio dello stesso anno. Di conseguenza, questi oneri aggiuntivi devono essere finanziati, per questo periodo, interamente da parte delle singole amministrazioni.