Definiti i criteri per l’accesso ai fondi previsti dalla legge 158/2017 cosiddetta “Salva borghi” sulla valorizzazione, riqualificazione e recupero dei centri storici dei comuni sotto i 5mila abitanti.
E’ stato infatti pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 27 agosto il decreto del ministero dell’Interno 10 agosto 2020 recante “Definizione dei parametri per la determinazione delle tipologie dei piccoli comuni che possono beneficiare dei finanziamenti previsti dalla legge 6 ottobre 2017, n. 158”.
La legge 158/2017 istituisce un fondo di 100 milioni di euro – 15 milioni per ciascuno degli anni dal 2018 al 2023 – per lo sviluppo strutturale, economico e sociale dei piccoli comuni, anche istituiti a seguito di fusione tra mini enti aventi ciascuno una popolazione fino a 5mila abitanti, destinato al finanziamento di investimenti diretti alla tutela dell’ambiente e dei beni culturali, alla mitigazione del rischio idrogeologico, alla salvaguardia e alla riqualificazione urbana dei centri storici, alla messa in sicurezza delle infrastrutture stradali e degli istituti scolastici nonché alla promozione dello sviluppo economico sociale e all’insediamento di nuove attività produttive.
Lubiana Restaini, coordinatrice della Consulta dei Piccoli Comuni di ANCI Lazio, commenta così la notizia
La legge 158 del 6 ottobre del 2017, detta “Realacci” dal nome del suo pluriproponente, ha suscitato grandi aspettative negli oltre 5000 Comuni sino a 5000 abitanti, chiamati impropriamente Piccoli, ma a distanza di tre anni non si è ancora speso un euro in quei territori interni e montani che nel frattempo hanno continuato a spopolarsi: quindi la pubblicazione del decreto legge 10.08.20 recante “Definizione dei parametri per la determinazione delle tipologie dei Piccoli Comuni che possono beneficiare dei finanziamenti della legge n°158/17”, va sì accolta positivamente, ma anche con alcune considerazioni di merito.
Ci sono voluti tre anni – spiega Restaini – ed il coinvolgimento di ben 5 ministeri per arrivare a stabilire i criteri di una classificazione che dovrà portare, con altro decreto, ad una sorta di graduatoria dei Piccoli Comuni, che dopo ulteriori tre anni dovrà essere revisionata.
Questo è un meccanismo infernale che la dice lunga sul funzionamento del nostro Parlamento, sulla sua cultura burocratico amministrativa, sulla incapacità a cogliere le necessità e le emergenze del territorio amministrato, ed ad intervenire con immediatezza.
Criteri, tipologie, graduatorie, possibili ricorsi e lungaggini a non finire; mai politiche serie e consapevoli; mai interventi proporzionati, circostanziati ed aderenti ai problemi ed alle loro soluzioni.
Tutto questo tempo e tutto questo sforzo normativo per cosa poi? Uno stanziamento di 100 milioni di euro, elevato tra le proteste a 160, per aree, lo stiamo vedendo in questi tristi giorni di emergenza meteo, in degrado e dissesto da decenni; preda di incendi dolosi, impoverimento ed invecchiamento post Covid.
Il minimo che si possa dire è che non è serio; il minimo che si possa chiedere è
cambiamo radicalmente impostazione ascoltando i territori e chi li rappresenta!“
I comuni in possesso di almeno uno dei seguenti requisiti saranno i potenziali destinatari di finanziamento degli interventi da definire, ai sensi dell’art. 3 della legge 158/2017, con la predisposizione del Piano nazionale per la riqualificazione dei piccoli comuni:
- comuni collocati in aree interessate da fenomeni di dissesto idrogeologico;
- comuni caratterizzati da marcata arretratezza economica;
- comuni nei quali si è verificato un significativo decremento della popolazione residente rispetto al censimento generale della popolazione effettuato nel 1981;
- comuni caratterizzati da condizioni di disagio insediativo, con indicatori indice di vecchiaia, percentuale degli occupati e indice di ruralità;
- comuni caratterizzati da inadeguatezza dei servizi sociali essenziali;
- comuni ubicati in aree contrassegnate da difficoltà di comunicazione e dalla lontananza dai grandi centri urbani;
- comuni la cui popolazione residente presenta una densità non superiore ad 80 abitanti per chilometro quadrato;
- comuni appartenenti alle unioni di comuni montani;
- comuni con territorio compreso totalmente o parzialmente nel perimetro di un parco nazionale, di un parco regionale o di un’area protetta;
- comuni istituiti a seguito di fusione;
- comuni ricadenti nelle aree interne.