Subiaco, Basilica di Sant’Andrea Apostolo, Sabato 25 gennaio 2025
Siamo rimasti tutti attoniti quando mercoledi pomeriggio si è diffusa la nocizia del improvvisa morte del giovane e competente Sindaco di Subiaco: il caro Domenico Petrini.
Personalmente lo avevo sentito al telefono nel pomeriggio di martedi 21 gennaio dandoci appuntamento telefonico per giovedi, in mattinata, per leggere un atto che mi avrebbe dovuto inviare proprio mercoledi e che avremmo dovuto firmare insieme tra alcuni giorni. La morte però, colei che per il solo occhio umano privo della luce della fede, spezza i legami affettivi e familiari, i legami di amicizia e collaborazione più belli, è giunta improvvisa.
Si, tutti sappiamo che la morte è la strettoia entro la quale passare perché la nostra vita terrena continui nella sua dimensione eterna ma non siamo mai sufficientemente preparati. Tanto più quando essa giunge inaspettata, per un uomo di soli 38 anni di età, tagliando, come in questo caso, il rapporto con un amico che – non desidero essere retorico – era buono, discreto, riservato e appassionato per la sua sposa Claudia, con la quale aveva contratto matrimonio nel 2023; che è stato accanto alla sua sorella Elisa con tenero amore fraterno e ha servito la sua comunità sublacense della quale era giovane e apprezzato sindaco dal 2021.
Domenico non ha avuto una vita facile. Aveva perduto il suo papà, Giuseppe, molto presto. Anche papà Giuseppe era morto a 39 anni … Rimasto con la mamma ed Elisa, ha visto anche la sua mamma, Annamaria, morire alcuni anni fa.
Domenico portava con sé questa storia faticosa e dolorosa, la portava su di sé con un carattere schivo e riservato ma anche con una tempra forte, da buon montanaro, una tempra che lo aveva reso determinato nel raggiungere gli obiettivi che si proponeva.
Aveva riversato questo tratto forte del suo carattere nel suo impegno politico – sì, la politica, una sua grande passione … sulla quale era bello conversare con lui – una passione che da alcuni anni era divenuta servizio verso la sua comunità. Questa comunità di Subiaco che Domenico ha fortemente amato, lavorando per essa e per i suoi concittadini giorno e notte, mettendo al suo servizio la propria preparazione culturale, i suoi rapporti con chi poteva accrescere il prestigio di questa comunità, continuando ad approfondire la sua cultura per essere all’altezza delle situazioni che era chiamato a vivere quale Sindaco di questa Città: la città di San Benedetto Patrono d’Europa, la Città, che anche grazie al suo impegno, il 13 dicembre scorso è stata proclamata dal Ministro della Cultura, Capitale Italiana del Libro. In particolare, Domenico, amava la storia, la storia che se conosciuta insegna a comprendere la vita, aiuta a comprendere gli uomini e le loro scelte.
In questi anni – credo di interpretare il sentire di molti – abbiamo imparato ad apprezzare, al di là del credo politico di ciascuno, la sua disponibilità e competenza nell’essere il Sindaco di tutti, nel servire la comunità perseguendo il bene comune e venendo incontro alle tante e diverse esigenze del territorio.
Si, Domenico, ha messo il servizio alla comunità che lo aveva eletto Sindaco, al primo posto nella sua vita, prima di se stesso, della sua stessa famiglia. Domenico era così. Non era difficile – mi hanno raccontato molti suoi concittadini – vedere fino a tardi la luce accesa nel suo studio in Comune. Quel Comune dove la morte lo ha raggiunto mercoledi nel tardo pomeriggio.
Ora che rimane di Domenico, viene da chiederci?
Dove è?
La risposta vorrei che la trovassimo insieme nel Vangelo che ho scelto per questa liturgia. Il Vangelo del giudizio finale. Un Vangelo che sicuramente Domenico conosceva perché era un credente che coltivava e manifestava la sua fede con impegno partecipando ai momenti della vita della sua comunità ecclesiale, alle sue celebrazioni ecc. non soltanto perché investito da un ruolo ma anche per una propria convinzione personale.
Una convinzione che lo ha portato a vivere anche la sua vocazione alla politica come
rubando una espressione usata da Paolo VI fin da prima di diventare Papa, richiamandosi a sua volta a un’espressione di Pio XI -, “la forma più alta di carità, perché più vasta, elicace ed ina Pane, quasi ad antie ane quanto poi osovie Octogesima advenies, scritta nell’80° anniversario dell’Enciclica Rerum Novarum di Leone XIII, presentò la politica come “una maniera esigente – ma non è la sola – di vivere l’impegno cristiano al servizio degli altri”. Una forma di carità, quella della politica, che Domenico ha vissuto insieme alla “carità intellettuale””, altra espressione
tipicamente montiniana, perché – era convinzione di Papa Paolo VI e poi dei suoi successori – che chiunque con l’attività di pensiero si fosse sforzato di conoscere meglio la radice delle cose e di rendere sli altri partecipi delle sue scoperte avrebbe assolto a un atto di vera e propria “carità intellettuale” senza certamente dimenticare anche la carità verso i bisogni immediati delle persone, dei poveri, delle famiglie disagiate, degli ammalati – quanto ha fatto per difendere il presidio ospedaliero disuliado che serve tulta l’alta valle dell’Aniene , dei soli, di chi vicene da lomano e non ha di che vivere.
Tutto questo amore, insieme all’amore per la sua sposa, per la propria sorella, per gli zi patemi Carlo e Natalia e per tutti gli altri famigliari e amici quanto rimane di Domenico. Una credità da assumere e, ciascuno con le proprie responsabilità e caratteristiche, portare avanti.
E questo amore risponde anche all’altra domanda: dove è ora Domenico?
È con l’anima già unito a Dio in attesa del giudizio finale quando, anche per le nostre preghiere di suffragio che eleviamo per Domenico, auspichiamo che il Figlio dell’uomo che verrà nella sua gloria dirà anche a lui: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. Forse anche Domenico, come i giusti del Vangelo, chiederà: “Ma quando Signore ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito?” ed il Signore gli risponderà “Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” e riceverà il premio della vita eterna.
Quel premio che riceverà perché la sua vita terrena è stata buona, posta al servizio, un servizio impegnato anche a promuovere i valori della famiglia, della difesa della vita dal suo concepimento fino alla sua morte naturale, i valori evangelici che devono innervare anche la politica così come hanno innervato la nostra Costituzione di cui
Domenico era innamorato.
Quel premio della vita eterna che stamane chiediamo per lui al Signore che ci ha assicurato il perdono dei peccati e la vita senza fine attraversando anche Lui, prima di noi, il buio della morte illuminandolo per sempre con la sua Pasqua. La Sua Pasqua che diventa anche la nostra Pasqua. La Sua Pasqua che ha illuminato le scelte coraggiose di Domenico, andando anche contro correnti di pensiero dominanti che tentano di imporre all’uomo una vita “come se Dio non esistesse” con tutti gli effetti nefasti che constatiamo ma che Domenico, come tanti altri uomini e donne della politica, nonostante le proprie fragilità umane, ha saputo contrastare sia nella dimensione personale che pubblica della vita.
Vorrei concludere queste mie riflessioni con una parola di conforto per coloro che stamane piangono per il dolore di questa morte improvvisa. Una parola non mia ma di Sant’Agostino che vorrei sentisse rivolta a loro specialmente la sposa di Domenico, Claudia; la sorella Elisa, Carlo, Natalia e tutti coloro che sono stati i famigliari e gli amici più cari del nostro caro Sindaco e ora temono che con la morte cessi anche la sua presenza spirituale. Dice Sant’Agostino: “Perché dovrei essere fuori dai tuoi pensieri e dalla tua mente, solo perché sono fuori dalla tua vista? Non sono lontano, sono dall’altra parte, proprio dietro l’angolo. Rassicurati, va tutto bene … Ritroverai il mio cuore, ne ritroverai la tenerezza purificata. Asciuga le tue lacrime e non piangere, se mi ami: il tuo sorriso è la mia pace”. Amen.
Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina
Grazie a Emanuele Proietti e agenziaeventi per la concessione delle foto